La Nostra Storia

Le origini del paese di Ponti risalgono all’epoca preromana; notizie storiche ne datano la fondazione contestualmente alla vicina Acqui Terme (Aquae Statiellae).
Durante la dominazione romana al borgo viene attribuito il nome di Pontum, derivato dai ponti che i Romani costruirono sui rii affluenti del fiume Bormida durante la realizzazione della via Emilia Scauri, della quale si può ancor oggi ammirare una pietra miliare (colonna Antonina) risalente al II secolo D.C. e conservata sotto il porticato del palazzo comunale.
La colonna è testimonianza del primo ripristino della via Julia Augusta, importante strada costruita dall’imperatore Augusto in sostituzione della suddetta via Emilia Scauri che conduceva da Roma alla Gallia.
Data la sua posizione geografica era probabilmente abitato, in tempi ancora più remoti, dai liguri Stazielli che sono i fondatori di Aquae Statiellae, l'odierna Acqui Terme. Le notizie che siamo riusciti a raccogliere sul nostro paese sono ancora, purtroppo, alquanto frammentarie.


La storia raccontata dalle fonti si interseca poi con la leggenda, che è alla base della festa più importante per la comunità pontese: la sagra del Polentone.

Il “Polentone” di Ponti
(di Genuensis, da “Ponente d’Italia” – Rassegna mensile dell’attività ligure-piemontese, gennaio 1961, anno IX, Savona)
Correva l’anno (…) 1571, secondo gli uni, 1650 secondo gli altri (e poi qualcuno pretende di sapere dov’è il luogo di nascita esatto di Cristoforo Colombo!) quando le scolte del castello di Ponti, dimora avita di Edoardo del Carretto, di stirpe aleramica ch’ebbe nel tempo Savona in signoria, avvistavano un gruppo di uomini che arrancavano sulla rampa che conduceva al ponte levatoio.
Chiesto asilo, vennero introdotti nel cortile quadrato del vecchio macciere. Al marchese, informato dell’arrivo, dissero di essere poveri calderai calabresi che aggiustando pentole e paioli avevano risalito la penisola.
Ospitati dal signore e messi a riposare pentole e paioli, furono largamente sfamati con un pantagruelico banchetto a base di polenta, frittata, merluzzo con cipolle e vino.
Il calore dell’accoglienza spinse quegli uomini a dimostrare la loro gratitudine al signore costruendo un enorme paiolo adatto alla cottura di una mastodontica polenta.
Data da allora – anno più, anno meno – la tradizione del Polentone di Ponti, che non è soltanto una sagra del nostro popolare folklore.
Con la sua franca genuinità, con la sua paesana gentilezza, il “Polentone” esalta la tradizione gastronomica del povero, sano e gustoso cibo delle nostre campagne, la concordia fra le popolazioni di due lontane e generose regioni quali il Monferrato e la Calabria, una sorta di gemellaggio nord-sud ante litteram.
 


Oggi il castello di Ponti è un gigantesco rudere che appare al turista che, per la Savona-Acqui, risalga la suggestiva valle, come uno spento fantasma d’altri tempi.

Ma il ricordo dei suoi splendori rivive ogni anno nel periodo carnevalesco.
Il Marchese Del Carretto ritorna per un giorno seguito dai suoi paggi, dai feudatari, dai vassalli, dai calderai e, fra un’immensa turba di popolo, presiede alla distribuzione della colossale polenta di oltre sei quintali col contorno di una frittata di seicento uova ed una ventina di merluzzi cucinati con circa due quintali di cipolle.
Il tutto “arrosè” dal buon vino, nato dalle nozze del sole con la terra, questa nobile e vecchia terra “dalle vigne gettate sulle ventitré” come nell’ode farfaiana “Veni, vidi… viti”.
Quindici cuochi s’affaccendano alla bisogna, fra i canti e le danze, le esibizioni di gruppi corali e di complessi folkloristici.
E quando dal fumante paiolo, alzato da una gru manovrata dagli abili cuochi, la dorata valanga morbida e gustosa si rovescia sull’immenso tagliere, sulla piazza che bolle di suoni, canti e danze, sale un grido solo, immane, che ci riporta a riti e miti primordiali quando il soddisfacimento del bisogno primo di ogni essere umano era sempre in forse: “La polenta, la polenta!”

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